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Recensione: “Domenica Matta. Storia di una strega e del suo boia” – Le fiamme della disapprovazione
di Laura Lippolis · Pubblicato 14 Dicembre 2021
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Aggiornato 12 Dicembre 2021
“Coloro che dicono che nel mondo non esiste alcuna stregoneria se non nella credenza degli uomini, non credono nemmeno nell’esistenza dei diavoli, se non come frutto della credenza del volgo, che serve all’uomo per potere attribuire in base al proprio giudizio al diavolo quello che fa lui stesso“.
Questo è l’incipit profondamente esplicativo del senso del romanzo storico di Gerry Mottis: Domenica Matta – Storia di una strega e del suo boia,edito da Gabriele Capelli, basato sui verbali autentici di un processo dell’epoca in cui è ambientato.
Nella città di Venezia nel 1615, un uomo incappucciato sventa l’attentato al nuovo doge. L’uomo in realtà si trova in quel luogo perché fuggito da Mesolcina, dal suo passato e dalle conseguenze delle sue azioni e sta tentando di ricostruirsi una vita insieme a Diana, una bambina che protegge. Diana è la figlia di una donna condannata a morte in quanto giudicata come strega. L’uomo avrebbe dovuto essere il suo boia, ma innamoratosene, non ha voluto portare a termine l’esecuzione.
Il passato trascinerà il boia improvvisamente nelle sue spire e insieme alla piccola Diana egli sarà costretto a ritornare nella sua veste di esecutore di morte, per poter riscattare presente e futuro di entrambi. Il romanzo di Mottis è semplicemente straordinario. È ben scritto, scorrevole, appassionante e perfettamente coerente con il contesto storico che descrive.È lodevole come l’autore riesca a trovare nel racconto un equilibrio perfetto tra la cronaca di un processo reale e quindi la denuncia di accadimenti ingiusti e delittuosi dell’epoca, e l’espressione del sentimento, senza mai scadere nella banalità e nella falsa retorica e conferendo, anzi, ai protagonisti, una grande intensità.
Il lettore viene letteralmente tenuto sospeso su una corda funambolica in costante equilibrio tra il bene e il male, che è possibile rilevare in ciascuno dei protagonisti del romanzo. Il risultato di questa visione nella sua interezza, non è il perdono come elemento scontato e prevedibile, ma un tormentato, precario e affascinante equilibrio, frutto di una illuminata espiazione.
I nostri protagonisti infatti risultano essere luce nell’oscurità di un’epoca in cui la superstizione o l’isteria di massa potevano condannare a morte donne perché ritenute eretiche e quindi streghe. La ragione prima delle credenze nel Medioevo, infatti, stava tutta nel bisogno di spiegare ciò che risultava incomprensibile e di canalizzare rabbia e frustrazione verso un soggetto, più in generale una donna.
Di solito si trattava di donne sole o che non apparivano conformi o integrate all’interno della comunità, che magari erano istruite e culturalmente evolute o anche guaritrici o prostitute. Il romanzo di Mottis è quindi una importante denuncia di questa mortificante consuetudine dell’epoca.
Attraverso il racconto dei fatti e della verità retrospettiva, l’autore riscatta la figura della strega e pertanto anche quella della donna, avvalorando qualità come cultura, resilienza, accoglienza, guarigione e quella più fastidiosa agli occhi di maschi frustrati e insicuri e che danneggia la libera espressione femminile ancora oggi: l’autonomia di pensiero.
Tutti i maschi dovrebbero poter leggere questo romanzo e anche tutte le donne; il processo sommario e il rogo sono ancora praticati, anche se in senso metaforico. Le fiamme della disapprovazione e del giudizio bruciano ancora oggi ingiustamente, quasi tutte le donne che tentano di emanciparsi dagli stereotipi: non siamo poi così lontani dal Medioevo.
"DOMENICA MATTA". UN ROMANZO PREGEVOLE
di @Lettriceassorta
Esce oggi DOMENICA MATTA di @gerrymottis , una storia affascinante edita Gabriele Capelli Editore che ringrazio per la lettura in anteprima. Il libro arriva come seguito di TERRA BRUCIATA, che ripercorre quattro processi autentici contro due streghe e due stregoni tra il 1614 e il 1615.
Devo confessare di aver letto DOMENICA MATTA senza conoscere il romanzo prequel, ma non ho riscontrato nessun problema: sono due opere non subordinate l’una all’altra, e gli eventi importanti del primo volume sono opportunamente ben rievocati nel secondo, attraverso le reminescenze del protagonista.
Il libro racconta le vicende di Domenica e del boia Kaspar Abadeus.
Domenica è accusata di aver partecipato assieme ad alcuni complici ad un Sabba per adorare il Diavolo e in quell’occasione aver ricevuto dei poteri sovrannaturali, capaci di scatenare iatture di ogni tipo. Kaspar invece è un boia. I suoi ferri del mestiere sono corde, spade, sferze, mannaie, pinze, uncini e arpioni. Con il tempo Kaspar ha maturato la consapevolezza che stregoneria sia il frutto di un periodo caratterizzato da profonde idiosincrasie, “suggerita dai Giudici e palesata sotto tortura da creature illetterate”. Ha provato a ricostruirsi una vita diversa cambiando identità, ma l’ombra del passato lo rincorre fino alle terre veneziane dove ha trovato rifugio assieme a Diana, figlia della donna amata. A causa di una serie di circostanze che non svelo, Kaspar è obbligato a rivestire i panni del carnefice e affiancare il Boia della Serenissima…
Sulla trama non vado oltre per non rovinare la sorpresa dei lettori. L’atmosfera che si respira è inquietante, intrisa di pregiudizi e superstizione.
Ho fatto il tifo per la salvezza Domenica, madre di famiglia, costretta a sopportare torture raccapriccianti senza avere nessuna colpa. La descrizione dei suoi ultimi momenti mi ha fatta commuovere: “Che dignità vi è” chiede Domenica al boia, “nel tormentare una madre innocente per settimane fino a strapparle una menzogna pur di consegnare un colpevole al popolo?”. La risposta è carica di significato e trasmette la grande umanità dietro alla facciata del carnefice.
Romanzo pregevole.
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"TERRA BRUCIATA" E LA TESTIMONIANZA DEL PASSATO
di Cinzia Cogni
Leggere un libro che tratta il tema dell’inquisizione nei confronti di uomini e donne realmente esistiti nel XVII secolo e che subiscono processi e torture documentati fin nei minimi particolari, lo ammetto, non è stato facile.
Nonostante ami il romanzo storico e sia avvezza a certe letture, in questo caso, non sono riuscita a rimanere indifferente alle sofferenze psichiche e fisiche a cui vengono sottoposti i protagonisti di “Terra bruciata”.
L’autore, infatti, riesce a far immedesimare fin dalle prime pagine il lettore, attraverso uno stile introspettivo che rende i personaggi affini e reali, in questo modo si entra in simbiosi con loro e si percepiscono i loro tormenti, le loro paure, si comprende il loro modo di ragionare e questo indistintamente dalla vittima al carnefice, perche’ Gerry Mottis riesce a dare ad ognuno di loro un carattere e perfino un’anima.
Un romanzo che oscilla fra realtà e finzione, ma che inaspettatamente fa emergere sentimenti di commozione e compassione, oltre alla rabbia di toccare con mano, grazie alle testimonianze ritrovate negli Archivi di Circolo, l’ignoranza e la cattiveria di quel periodo storico, supportate e alimentate dalla Chiesa.
Protagonista della storia è il boia Abadeus Kaspar che giunge dalle terre di confine delle 3 leghe per prendere il posto di quello precedente (misteriosamente ucciso) e che porterà a Comungrande di Mesolcina diverse novità.
Profondo conoscitore del “Malleus Maleficarum” o “Martello delle streghe” (il famoso libro guida per cacciare le streghe scritto nel 1487 da 2 frati domenicani tedeschi poi divulgato agli inquisitori cattolici),il nuovo Ministro di Giustizia sarà per questo motivo, ancor più temuto ed isolato dal resto della comunità e solo grazie ad una meretrice e conoscitrice delle erbe, Saphira, comincerà il suo cambiamento, scoprira’ cos’è la pietà, fino a prendere coscienza che le confessioni sotto tortura non sono la prova di una colpevolezza ne la personificazione del male.
Durante i 4 processi raccontati nel romanzo, che si svolsero realmente tra il 1613 e il 1615 , l’ autore riesce a creare un atmosfera cupa e di terrore, senza tralasciare neppure il minimo dettaglio sui modi ed i metodi utilizzati dal Tribunale dei Trenta di Roveredo
e dal boia, mettendo in evidenza le sofferenze dell’inquisito.
Il Martello delle streghe. Prima parte. Capitolo I.
“Non sono un assassino” ribadì il boia ” non spetta a me giudicare e condannare. Non provo piacere ad impiccare o ad ardere sul rogo. Proprio come tu non provi piacere a farti prendere da chicchessia. Facciamo solo quello che siamo chiamati a fare.”
” Siamo la mano armata della Giustizia”
Il boia fece per allontanarsi.
“Nulla potrà mai cambiare se continuiamo a fare ciò che facciamo, senza chiederci se sia giusto o sbagliato” affermò il boia.
"Terra bruciata", storia di streghe, storie di donne
di Alessandra Ottaviano
(novembre 2019)
Chi di noi, nelle nostre letture storiche, non si è mai imbattuto nel famosissimo “Malleus Maleficarum” ovvero il “Martello delle streghe”? Si tratta del libro guida alla caccia alle streghe, utilizzato anche dagli inquisitori cattolici, scritto nel 1487 dai frati domenicani tedeschi Jacob Sprenger e Heinrich Kramer.
Il libro di cui sto per parlarvi è, anche, un viaggio in questo controverso testo: l’autore ci regala diversi stralci in corsivo di questo manuale, portando alla luce il suo contenuto raccapricciante.
Il romanzo è ambientato a Mesolcina agli inizi del 1600 durante la persecuzione alle streghe.
Nella valle imperversano il caos, la violenza, la superstizione e il sospetto. Per riportare l’ordine, l’autorità giudiziaria di Roveredo assolda Abadeus Kasper come ministro di giustizia, ovvero come boia. L’incarico è, infatti, rimasto scoperto giacché il precedente giustiziere è stato trovato misteriosamente cadavere.
Il protagonista, nato dalla fantasia dell’autore, è veramente portentoso. Un omone oscuro, terribile, sicuro di sé, convinto di trovarsi nel giusto, fiero del suo lavoro tramandato da generazioni. La sua è una lunga conoscenza dei metodi della tortura acquisita negli anni, sommata alla conoscenza del “Martello delle streghe”. Al tempo stesso, per quanto possa sembrare strano visto il “lavoro” che svolge, Kasper è un uomo che ama l’arte e la natura, appassionato di disegno e pittura.
“Kasper aveva sempre avuto un intuito sopraffino . Sapeva leggere nell’animo delle persone, percepiva i tremiti segreti che occultavano verità sottaciute.”
Kasper vive come un reietto ai margini della società, vittima della superstizione.
“Riverito come un santo e temuto come il diavolo”
Trova amicizia sincera in Saphira, una meretrice esperta nell’arte dell’erboristeria che lo conduce a sperimentare nuovi sentimenti . Soprattutto, quando l’uomo, rendendosi conto che le sentenze emesse dai giudici a carico di streghe e stregoni spesso sono frutto di mere dicerie senza nessun fondamento cade in una profonda crisi di coscienza che lo destabilizza, Saphira gli resta vicino aiutandolo a interrogarsi su se stesso e sul significato profondo del suo officio. Purtroppo anche lui verrà toccato in prima persona da tali ingiustizie.
Abadeus stringe anche una bizzarra amicizia con Gaspare Maffio il fabbro di paese, un uomo pragmatico, una sorta di filosofo liberale che vive in solitudine ma che non disdegna di dispensare perle di saggezza al suo amico.
“Io credo solo nei miei ferri, le superstizioni le lascio ai deboli di intelletto.”
La trama ruota attorno a quattro processi, realmente accaduti a Mesolcina, che hanno portato alla luce atroci torture e palesi ingiustizie comminate a carico di uomini e soprattutto donne tacciate di stregoneria e connivenza con il demonio, esseri umani che hanno dovuto subire torture indicibili e infine il rogo o la decollazione.
“Terra bruciata” è un romanzo intenso, profondo, a tratti crudo ma anche commovente, che porta a riflettere su un periodo oscuro e tragico. E’ un libro ben scritto, scorrevole, diretto, nonostante la mole,ricco di rimandi storici, l’autore ci riporta minuziosamente gli interrogatori e le agghiaccianti pratiche di tortura usate per estorcere le confessioni. In particolare si sofferma molto nella controversa figura del giustiziere portando il lettore a compiere le stesse profonde riflessioni del protagonista.
“Ai boia non era mai interessata la conferma della verità estorta con crudeli torture, erano dei semplici strumenti giudiziari … la mano pesante di giudici cavillosi, funzionari sprezzanti,inquisitori perversi che aborrivano però il sangue, le urla, gli sfinimenti delle creature di Dio, delegando perciò al potere secolare e dunque ai boia di compiere la volontà degli uomini guidati dall’intelletto a mantenere l’ordine e perseguire il bene comune.”
Le streghe? Donne scomode e diverse
di Carlo Silvano
(novembre 2019)
"Terra bruciata. Le streghe, il boia e il diavolo" è l'ultimo romanzo pubblicato da Gerry Mottis e sta ottenendo un meritato successo con ristampe e anche con un’edizione in lingua tedesca. Dall’uscita del libro ad oggi l’Autore ha partecipato a numerose presentazioni pubbliche, confrontandosi con i propri lettori su temi delicati come la persecuzione, i processi sommari e le condanne che tante persone – soprattutto donne – hanno subito per essere state accusate di stregoneria. “Secondo le statistiche afferma il prof. Mottis – il 95% delle donne (e degli uomini) accusate di stregoneria era innocente. Si tratta dunque di una vera e propria barbarie, frutto di un’isteria collettiva che ha causato una catena di morti ingiuste (stimate in diverse centinaia di migliaia di vittime in Europa), di cui nessuno oggi si è ancora assunto la colpa. Di fatto, streghe e stregoni erano persone umili, spesso sole o diverse, che svolgevano attività sociali travisate dalla Chiesa o dai Giudici, che non erano tollerate dal potere vigente. Erano raccoglitrici, guaritrici, levatrici, educatrici, che spesso compivano dei riti di origine pagana nei boschi o nelle radure – o comunque in zone appartate – per invocare Diana, la dea dell’abbondanza, della fecondità, dei buoni raccolti ecc. Riti normalissimi durante tutta l’Antichità che, con l’avvento del Cristianesimo prima, e del Protestantesimo poi, sono invece stati interpretati come cerimonie di venerazione del Diavolo e, di conseguenza, violentemente combattuti. Da un lato, dunque, si può affermare che la “caccia” alle streghe fungesse da “capro espiatorio” per dare una risposta ai mali che affliggevano le società dell’epoca (carestie, malattie o morti improvvise di bestie o persone, frane, valanghe, incendi, devastazioni naturali ecc.), di cui non si conoscevano le cause; dall’altro, invece, era un metodo ragionato di potere e di controllo col “terrore” sulle masse della povera gente, analfabeta e miserrima, o per combattere (processando, torturando, giustiziando) gli avversari politici di un certo rango (soprattutto nelle città)”.
Il prof. Gerry Mottis (1975), autori di diversi libri, vive a Rivera ed è docente di lingua italiana e storia. Qui di seguito viene proposta una sua intervista sul romanzo storico “Terra bruciata”.
GERRY MOTTIS
RIVERA (TI) - SVIZZERA
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